Report: Ira e Odio

Report di Andrea Gamberini di una partita tra Andrea Manfroni e Alberto Rupoli con foto di Riccardo Frizzoni e Thomas D’Amico tratto da OrcoNero Magazine #114



Ramiles sibilò, sporto dalla finestra dell’alta, contorta torre del suo maniero (e a dir la verità anche piuttosto malridotta). Scivolando silenzioso sul pavimento, si accarezzò la pelata.

Quei maledetti Aelf stavano arrivando. I suoi costrutti guardiani erano appena stati distrutti su tutto il lato occidentale, segno che un attacco in grande scala era ormai imminente. Notte di luna piena, ovviamente… Oh quanto prevedibile… Ramiles non poté trattenere una smorfia. Troppo tardi, pensò, con profonda soddisfazione scendendo la contorta scalinata che portava dalle sue stanze sulla torre. Troppo tardi. Troppo, per salvare le due dozzine di prigionieri che i suoi raid gli avevano procurato nel corso dei decenni. Superando tavoli ingombri di strumenti alchemici, corpi in diverso stadio di decomposizione o di ricostruzione in bizzarre creature, Ramiles scese nella cripta, poi nella enorme ex-cisterna dove aveva concluso il rito.
Al centro, una pila di ossa e teschi faceva bella mostra di se. Teschi allungati. Alcuni più grandi, altri molto più piccoli. I capelli ancora attaccati, qua e là i resti di pelle avvizzita e rattrappita, tesa sulle ossa, gialla come cartapecora. Anelli, amuleti, ninnoli ancora alle dita o appesi alle ossa. Arrangiati lungo i muri, tenuti bloccati da catene e manette fissate alle pareti, i cadaveri ormai esangui di uomini e donne, il loro sangue ormai rappreso nella fitta ragnatela di canali sul pavimento, attorno al cumulo centrale. Ovunque, con gesso bianco, e sangue, simboli arcani d’evocazione e controllo. L’aria era ancora carica di potere. Ramiles poteva sentirlo pulsare attorno a lui, la malvagità quasi palpabile. Leccandosi le labbra avvizzite, Ramiles chiuse gli occhi e iniziò a mormorare una litania di potere. Poche parole, antiche quanto gli Dei. Le ombre parvero raccogliersi come stracci neri, avvolgendosi sul pavimento e dalle pareti, raggrumandosi al centro della stanza, gonfiandosi e contorcendosi come serpenti, scivolando fra le ossa del cumulo.
Ramiles ripensò con soddisfazione al suo sacrificio. A come secoli di pianificazione e torture, centinaia e centinaia di anime, gli avessero permesso di richiamare al suo servizio quegli potenti emissari della non-morte. A come le ricche anime degli Aelf avessero permesso al suo potere di richiamare molti dei Morghaist. Alla palpabile disperazione di Alef adulti e bambini le cui anime venivano strappate via.
Ramiles sorrise, e uscì. Senza smettere di camminare, estese la sua volontà. Ogni Vampiro lo faceva in maniera diversa… per Ramiles, era come estendere delle invisibili radici di potere dalle sue mani verso ognuno dei suoi servi, annullandone la volontà, o soggiogandola, per quei pochi, rari, che ancora ne possedevano alcuna, o donandone una minuscola porzione della propria. Senza proferire parola, mentre si vestiva della sua panoplia guerriera, fece assemblare le sue forze nel cortile.
Scheletri, vetusti stendardi al vento ormai ridotti a cenci, attendevano immobili, indossando i resti delle livree assortite dei vari signori locali che avevano osato attaccare la sua fortezza nel corso dei secoli. Al loro fianco, un massiccio distaccamento di Guardiani dei Tumuli attendeva perfettamente immobile e allineato, le lunghe alabarde alonate da un malsano bagliore verde, la stessa luce che brillava nelle altrimenti vuote orbite sotto camagli e pensati elmi degli antichi guerrieri. Una massa scomposta di cadaveri, alcuni poco più che scheletri, altri ancora passabili per viventi da lontano (da molto lontano, pensò Ramiles), caracollava dall’altro lato del cortile. Fluttuando sulle mura, le anime senza riposo di Bertha e Judith, sue amanti e accolite, indegne di essere elevate al rango di Concubine Eterne col dono della vera non-morte, lanciarono nella notte l’ennesimo urlo disperato, prima di calare tra i ranghi serrati del suo esercito schierato.
Khul-ghur, capitano della sua guardia scelta, ruotò la testa per osservare il suo ingresso nel cortile. «Mio Signore, questi servi attendono il tuo comando.»
Ramiles, senza smettere di camminare, estese ancora una volta la sua volontà. Preceduta da nugoli di pipistrelli, e seguita dalle fredda disperazione dei Morghaist, l’armata si mise in movimento, come un sol uomo, marciando all’unisono fuori dal cortile, verso la pianura dove avrebbe dato battaglia agli invasori.
Kaedel-anah osservò impassibile l’orda di Non-Morti avanzare nella pianura maledetta. Chiudendo gli occhi, percepì per l’ennesima volta la furia dei suoi fratelli e sorelle di carne, e quella aliena dei Fratelli Verdi, immobili come avessero piantato le radici, e il loro disgusto per il contatto con quel terreno maledetto. Estendendo il suo senso magico, percepì anche il flusso dei Venti della Magia. Gli Dei erano misericordiosi, quella notte: sebbene non avrebbero potuto aiutare lui nei suoi incantesimi, avrebbero reso difficile persino lo scatenarsi della perniciosa, distruttiva magia del suo avversario. Una piccola benedizione nella maledizione della guerra contro questo nemico.
Sulla sua sinistra, l’Alter, Aalb-hertoh, era immobile come una statua. Appoggiato alla sua arma osservava il nemico schierarsi in un blocco unico, compatto. Un’orda di scheletrici guerrieri che nascondeva chissà quali orrori.
La furia dell’Alter era la più brillante, come un pilastro di fuoco nelle già elevate fiamme dell’ira degli Aelf. Sapere che suo figlio era stato rapito aveva scatenato una furia indicibile, che si era propagata come un incendio nei Clan e tra le Stirpi verdi del suo popolo.
Con un cenno della mano, Kaedel-anah inviò i drappelli di cavalieri alle spalle del suo schieramento, con il compito concordato di sottrarsi alla battaglia per andare a intercettare qualunque rinforzo che fosse arrivato dal castello del vampiro, e rallentare qualunque movimento di aggiramento tentato dai Non-Morti. Come fosse una risposta alla sua preoccupazione, urla ultraterrene, portatrici di una disperazione e di una sofferenza eterna, si sollevarono dalle linee del Vampiro quando le torreggianti figure di cinque avatar della morte si mossero fuori dalle linee nemiche per aggirare gli Aelf da dietro le rovine di un’antica torre.
Ramiles imprecò, mentre tentava di controllare e concentrare i deboli Venti della Magia e contemporaneamente combattere contro la forza di volontà del maledetto biascicalitanie degli Aelf. Nonostante il disprezzo per quella specie di sciamani che gli Aelf consideravano “maghi”, Ramiles dovette ammettere che quello che gli difettava in sapienza era abbondantemente compensato dalla capacità di opporsi ai suoi incantesimi. Nonostante tutti gli sforzi, era riuscito a incenerire appena una manciata di mortali. E ora quei maledetti avanzavano. Un pennuto più grande di quanto sarebbe giusto scese dal cielo proprio di fronte agli scheletri, pronto ad afferrarne qualcuno per farlo schiantare a terra dall’alto. Ramiles cercò di immaginare per quale bellissimo costrutto avrebbe potuto utilizzare pezzi di quell’enorme uccello, una volta ucciso, ma la distrazione fu fatale. Approfittando dell’indebolimento dei suoi scudi mentali, lo “sciamano” riuscì a incenerire una parte dell’orda di pipistrelli che copriva come un sudario le sue schiere. Ramiles, umiliato e furioso per la distrazione, rintuzzò ferocemente i successivi maldestri tentativi dello “stregone” Aelf. Qua e là i suoi servi caddero colpiti dai dardi e dalle frecce nemiche, ma la cosa non lo preoccupò minimamente. Ci sarebbe stato tempo per rianimarli, dopo. Per ora, doveva accontentarsi di fare a pezzi quello stupido uccello.

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Secondo turno

I Morgheist caricarono, preceduti da urla raggelanti. Per evitare un inutile massacro, Kaedel-anah diede ordine ai suoi guerrieri di arretrare il più velocemente possibile. Le loro frecce sarebbero state inutili contro quelle mostruosità.

Le Stirpi, invece, desiderose di eliminare quegli affronti contro la natura, si lanciarono verso gli attaccanti. Una furiosa battaglia scoppiò dietro le rovine.
Di fronte a lui, Kaedel-anah vide i Guerrieri dei Tumuli fare a pezzi una delle due maestose Aquile che avevano deciso di accompagnarli. Il nobile Principe dei Cieli, ucciso ignobilmente nel tentativo di decapitare il perfido nemico, e risparmiare ulteriore dolore agli Aelf. Ignari della nobiltà della creatura che avevano appena ucciso, i Non-Morti continuarono ad avanzare, straziandone il corpo sotto il loro impietoso passo. Uno stridio, di cui solo lei poté leggere il dolore profondo, annunciò la picchiata di Luce del Sole, la sua compagna, decisa a vendicarne la morte. E, inevitabilmente, a raggiungerlo nella morte.
Kaedel-anah non poté lasciarsi andare ad alcun canto funebre, tuttavia: lo sforzo di rintuzzare la potenze magia del Vampiro era troppo intenso per permettersi di distrarsi. Era una impossibile battaglia di volontà che richiedeva tutta la sua concentrazione. Doveva fidarsi dei suoi luogotenenti, e sperare per il meglio.
Kaedel-anah vide con orrore un paio di danzatori, alla sua destra, avvampare come torce a seguito di una maledizione del Vampiro. Vide il resto dei loro compagni abbattersi come una tempesta di lame e colori sulle fila degli scheletri. Li vide, alonati da malvagie fiamme ultraterreni, con un canto di morte sulle labbra, come spiriti della vendetta falciare impietosamente il nemico mentre le malefiche fiamme ne consumavano implacabilmente i corpi e le anime.
Vide le Stirpi arboree unirsi alla mischia, ossa e armi lanciate in aria o schiacciate a terra dai poderosi pugni dei membri più grossi, o stritolati dai viticci delle creature più giovani.

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Terzo turno

Ramiles chiuse la mano a pugno davanti al viso macilento, le parole per rianimare i suoi servitori caduti. La battaglia con il mago Elfo si era fatta troppo intensa: fin troppe delle sue stregonerie erano state bloccate, e fin troppe di quelle del suo nemico erano riuscite a eludere la sua rete di protezione.

Seguito dalle sue antiche amanti, Ramiles scivolò attraverso i ranghi della sua Guardia, andando a prendere posizione davanti, dove poteva vedere il suo avversario. Vide i suoi Scheletri che stavano avendo la peggio, sul fianco. Si concentrò per dissipare le magie che questi aveva intessuto attorno ai suoi servitori, comandarli nel avanzare e infondendo loro energie malefiche per meglio affrontare i propri avversari. Quasi non si accorse del pericolo costituito all’altro grosso uccello. Bertha e Judith urlarono all’unisono… e proprio mentre sollevava la sua spada per colpire la creatura, questa sembrò per un istante quasi paralizzarsi in aria, prima che la sua testa quasi esplodesse in una fontana di sangue, ossa e piume. Il corpo precipitò, sgraziato, a meno di un metro da lui, affondando nel fango
Ramiles concentrò la propria forza di volontà nel tentativo di mantenere la coesione dei cadaveri animati degli scheletri, per opporsi all’inarrestabile avanzata degli Alef e dei loro… costrutti organici che li stavano facendo a pezzi. Ma senza successo: per quanti ne risollevasse, il nemico li abbatteva, calpestava e riduceva a brandelli più in fretta di quanto la sua malvagia, superiore volontà potesse rianimarne. Lo sforzo stava diventando intollerabile…
... E Kaedel-anah approfittò della distrazione del Vampiro per rilasciare, con un urlo che quasi lo lacerò dall’interno, una furiosa tempesta di fiamme purificatrici che attraversò l’orda di Guardie dei Tumuli da parte a parte, incenerendone molti e appiccando magicamente fuoco alle loro vesti lacere, alle armi e alle armature. Pur nel clangore della battaglia, udì l’urlo di frustrazione e rabbia del Vampiro, e le mille maledizioni e promesse di morte che questi lanciava.
Percepì anche chiaramente il grido di battaglia di Aalb-hertoh, che invocando il nome del figlio si lanciò contro le torreggianti figure dei Morghaist, in supporto alle driadi, dietro la torre. Lo vide gettare a terra un’ampolla, ormai vuota, e abbattersi sul nemico come un vento di lame, senza curarsi della propria incolumità, concentrato in una danza il cui unico obiettivo era la totale distruzione di quelle orribile aberrazioni, due delle quali giacquero, rotte ed immobili, pochi istanti dopo il suo furioso assalto.
Il fianco del Vampiro stava crollando. I suoi Danzatori, sebbene molto meno numerosi di prima, e i Fratelli Verdi avanzarono implacabili come l’inverno contro un’orda di caracollanti Non-Morti, lasciando dietro di sé una scia di corpi abbattuti e frantumati, arti e teste mozzate. Kaedel-anah notò con disgusto che molti di questi pezzi ancora si contorcevano, animati da una malefica non-vita difficile da spegnere. Sperò che nessuno di quei pezzi appartenesse a qualcuno dei prigionieri del Vampiro… sebbene dovette ammettere a se stesso che le probabilità di trovarli, o di trovarli ancora vivi, erano di momento in momento sempre più flebili. Lo aveva capito quando aveva visto le torreggianti figure dei Morghaist… ma si rifiutò di lasciarsi prendere dallo sconforto nell’ammettere che fosse ormai troppo tardi. Se non sarebbe stata una battaglia per liberarli, lo sarebbe stata dunque per vendicarli.

Quarto turno

Come poteva essere successo? La rabbia annegò Ramiles: un’ira che non aveva provato da secoli, una furia senza precedenti nella sua pur lunga esistenza gli paralizzò i muscoli del corpo.

Il desiderio di distruggere, di strappare via gli arti uno alla volta e affondare le sue zanne nel collo del maledetto Aelf minacciò per un attimo di sopraffare la sua intelligenza e di farlo avventarsi come un lupo fuori dai ranghi dei suoi servi solo per poter afferrare e mettere fine all’esistenza del suo avversario.
Com’era possibile? Non solo i suoi servi cadevano sotto i colpi degli Aelf senza riuscire ad abbatterne neppure uno, ma la sua volontà sulle creature stava gradualmente scemando. Sempre di più crollavano a terra senza non-vita, Ramiles incapace di risollevarli tutti. Troppi, e troppi in fretta. Anche il suo potere aveva limiti. Per di più, non riuscì nemmeno concentrandosi ancora di più soffocare l’incantesimo che lo stregone Aelf aveva lanciato sulla sua Guardia. Mentre cercava di raccogliere i pochi, deboli venti della magia per sciogliere le trame dell’incantesimo, sempre più Guardie crollavano a terra, distrutte dall’energia purificatrice dell’incantesimo. Ramiles avvertì una sensazione che non provava da secoli. Paura. Paura di non riuscire a sopraffare il suo avversario. Paura di essere costretto a scappare. Paura per la sua esistenza.
L’urlo di Bertha e Judith fece scempio degli Aelf che piroettavano e decapitavano i suoi servi, ma la situazione fu chiara a Ramiles, e la consapevolezza lo investì come un’onda gelida. I suoi servi erano distrutti, quei pochi che resistevano all’infuori della sua Guardia erano incapaci di portare aiuto. Avvertì l’ormai familiare dolore dell’ennesima unità che veniva distrutta. La sua stessa guardia subì cariche di Alef urlanti e furiosi su tutti i lati, man mano che queste si liberavano dei suoi servi...
Kaedel-anah lanciò nuovamente i suoi incantesimi per dare forza e protezione ai suoi fratelli. Contrariamente a prima, questa volta il suo avversario non tentò di opporre la sua volontà. Avvertì l’energia del Vampiro però accumularsi. Avvertì l’intensità del suo contrattacco, e con il suo senso magico vide che la volontà del non morto era finalmente riuscita a dipanare e tagliare le trame magiche del suo incantesimo. Kaedel-anah percepì il potere disperdersi, e questa volta fu incapace di opporsi al Vampiro.
Seppe in quel momento che quello era stato l’ultimo atto della loro guerra magica. Percepì che anche l’altro lo sapeva, e questo gli diede forza. Ma non era ancora finita.
Ramiles seppe che ormai aveva perso. Il suo avversario si era rivelato più potente. No, si corresse. Non più potente. Io sono potente, pensò… Lui, lui è stato solo più… abile, si, abile a sfruttare le deboli correnti della Magia. Anzi, di certo questo indebolimento dei venti è opera di qualche sua stregoneria!
Dando fondo alle sue residue energie, Ramiles soffuse i suoi pochi servitori rimasti di malvagie energie. Qualcosa che non era magico, ma che proveniva dalla sua malvagia natura. Qualcosa contro cui quel maledetto sciamano Aelf non avrebbe potuto usare i suoi trucchetti. Avvertì l’ondata di malvagia energia che invadeva le membra dei suoi servitori, conferendo loro una malsana energia e infondendo loro una parte maggiore della sua volontà, risvegliando in ciascuno di essi sopiti istinti guerrieri, memorie di un tempo in cui erano stati grandi guerrieri.
Davanti a lui alcune delle sue Guardie crollarono a terra, teschi ed elmi spiccati dal tronco, costole e maglia di anelli tagliate di netto da una lama brandita da uno degli avversari. Un Alef più alto degli altri, con una armatura, se così si poteva definire quell’accozzaglia di pellame, ossa e quelle che avevano tutta l’aria di essere cortecce lavorate, urlò qualcosa di intelligibile verso di lui. L’Alef si lanciò verso Ramiles, i suoi compagni lasciandogli spazio, continuando a combattere per proteggere il loro campione da attacchi da parte dei Non-Morti. Con un elaborato brandeggio della sua lama ricurva l’agile creatura atterrò davanti a Ramiles, e affondò verso il Vampiro. Ramiles deviò con il piatto della mano la lama, così che passasse a pochi centimetri dal suo viso, e colpì col palmo aperto dell’altra il petto dell’Alef, spingendolo indietro. Questi piroettò sul posto, sfruttando il momento, senza perdere l’equilibrio, e con una mossa ai limiti dell’acrobazia colpì di nuovo il Vampiro. Ramiles, sogghignando, non fece altro che deviare la lama con la punta del gomito, afferrò il polso dell’Aelf e lo tirò verso di se. Senza degnarsi di sfoderare la propria spada incrostata di rune, Ramiles avvolse la propria mano attorno alla fronte dell’Aelf, e lo sollevò in aria. Con una frustata del polso ne spezzò il collo. Non ne sentì il rumore, nella confusione della battaglia, ma lo sguardo stupito negli occhi del mortale fu una ricompensa altrettanto inebriante. Ne gettò il corpo spezzato verso i suoi patetici compagni, beandosi dell’orrore e dello sbigottimento che lesse nei loro occhi.

Quinto turno

Kaedel-anah concentrò tutto il suo potere per scagliare una inarrestabile serie di incantamenti sui propri guerrieri. Il Vampiro, rinvigorito, riuscì a controbattere dissolvendo le trame di alcuni di questi, ma non poteva combattere e contrastarlo: troppa concentrazione, e troppo facile sbagliare.

Kaedel-anah, sfacendoli saettare come entusiasti Spiriti della Foresta, approfittò di ogni distrazione per infilare i viticci dei propri incantesimi oltre le difese magiche del Vampiro.
Le forze degli Aelf nel frattempo avevano ormai circondato la sacca di resistenza costituita dai Guerrieri dei Tumuli, ormai ridotti a poche decine raccolte attorno al loro padrone. Rami e lance, viticci e spade si abbattevano ormai come pioggia sui Non-Morti, abbattendone sempre di più, e sempre meno quelli che si rialzavano per combattere ancora. Persino l’orrore dei corpi risollevatisi nella morte dei caduti Aelf, che tanta disperazione aveva portato fra i suoi guerrieri, era ormai grazie agli dei un lontano ricordo di questa battaglia. Kaedel-anah vide Aalb-hertoh avanzare verso il nemico, ridotto ormai a una maschera di sangue, barcollante, appoggiato alla sua arma, eppure pronto a versare anche l’ultima goccia nel tentativo di vendicarsi.
Poco dietro, la cavalleria si abbatté sulla caracollante orda di zombie, abbattendoli come il forte vento Maelanath fa con gli steli teneri dell’erba appena nata, mettendo fine alle miserie di quei poveri corpi, spezzandone le file mal organizzate e passando dall’altra parte, pronti per un nuovo, ultimo passaggio. Ormai, al centro di un turbinio di lame e Fratelli Verdi, le ultime esigue forze del Vampiro stavano cedendo. Le energie magiche e i sortilegi intessuti dal Vampiro stavano cedendo. Kaedel-anah avvertì persino dall distanza l’urlo stridente degli spoiriti senza pace che tanto dolore avevano portato alle sue forze. Ma questa volta, nessuno cadde privo di vita: le due eteree creature parvero, ai sensi magici di Kaedel-anah, raggrinzirsi su se stesse, e sparire. Un urlo stridente, fatto di malvagità vecchia di secoli, eppure di profonda, incomprensibile disperazione e angoscia, ne annunciò il definitivo abbandono del mondo dei mortali, le loro anime consegnate alle grinfie di demoni che ne avrebbero proseguito il tormento, quel tormento che finora erano riuscite a sfuggire, per il resto del tempo.
Il combattimento, poi, tutto d’un tratto, parve arrestarsi. Una calma innaturale scese sul campo di battaglia. Una strana, incredibile quiete sostituì le grida concitate. Il rumore di spade che si abbattevano sui corpi, le grida di dolore, di adrenalina, di rabbia, e di morte cessarono. Le forze degli Alef si ritirarono. Si allargarono, quasi solenni. Al centro di un improvvisata arena, inginocchiato su una pila di cadaveri mutilati ed esangui, su un tappeto di corpi scheletrici frantumati, e di cadaveri alcuni dei quali ancora in preda ai rantoli e agli ultimi spasmi della morte, c’era lui.
Ramiles, inginocchiato nella sua barocca armatura, trafitto, inchiodato in numerosi punti dalle aste spezzate delle lance degli odiati Aelf, osservava la scena. Distaccato. La non-vita stava sfuggendo le sue carni, ne poteva percepire l’avvizzimento rapido sotto l’armatura. Sentì la pelle tendersi come un tamburo sui suoi zigomi, le labbra ritrarsi sulle zanne acuminate. La sua volontà si stava sfaldando. Come acqua da un otre bucato, la sua forza di volontà stava scemando. Ramiles seppe che aveva pochi minuti ancora. E non abbastanza energia, dentro di sé, neppure per urlare un’ultima, terribile maledizione sulle patetiche creature che lo osservavano piene di odio, a pochi metri da lui.
Vide una coppia, anzi, un trio di quelle creature avanzare. Una, un fascio di stecchi e viticci vagamente antropomorfa. Una, avvolta in fluenti abiti che parevano fatti di ragnatele e ali di farfalle, piume e foglie e nulla di tutto ciò, numerosi amuleti attorno al collo e fluttuante qualche spanna da terra. Il suo avversario, la sua nemesi.
L’altro, un Aelf alto e coperto di sangue, avanzò appoggiandosi alla lunga asta della sua arma. Gli occhi della creatura erano piantati nei suoi. Ramiles poté percepire, seppure nella sua vitalità sfuggente, l’odio bruciante che alimentava l’essere. La forza che lo ancorava alla vita. Si leccò le labbra, ormai ridotte a due sottili strisce di carne vizza.
Vide l’Aelf zoppicare verso di lui. Lo vide sollevare a due mani la lama sopra la testa. Un gesto elegante, deliberatamente lento. Percepì la pelle, sotto l’armatura, lacerarsi, i suoi organi avvizziti battere con un rumore umido sull’interno della corazza. Vide la luna riflettere con un bagliore sinistro lungo la curvatura della lama (un occhio liquefarsi, colare lento lungo la guancia) e soffermarsi lì, mentre la creatura lo osservava (le ossa delle tibie frantumarsi, farsi polvere negli schinieri).
Mentre collassava dentro l’armatura, mentre i sensi lo abbandonavano e i tormenti di una eternità lo aspettavano, vide la lama calare verso il suo collo e il suo freddo, finale bacio.